I tatuaggi sono come i figli. Li fai, sperando che possano risolvere le cose, che possano risolvere te. E invece non cambia niente. Tu non cambi per niente.

Oltretutto, ho scoperto che la mia ex si farà lo stesso tatuaggio che voglio farmi io. Lei al braccio, io all’inguine.
Un tempo l’avrei preso come un segno. Un tempo prendevo tutto come un segno. Mi aggrappavo a qualsiasi cosa, sette anni non li butti via così. Ci avevo organizzato attorno tutta la mia vita, tutte le mie speranze.
Ricominciare da capo è una rottura di coglioni così grande che fai di tutto perché non accada. Ma accade sempre.
Chiudere con lei ha dato il via a vari punti e a capo, ed ho capito che è questa la vita. Un continuo abbandonarsi, ricominciare, e abbandonarsi ancora, e ricominciare ancora.
Mi ricordo quando ho capito che niente dura per sempre. Ti ci puoi aggrappare quanto vuoi, infilare le unghie dentro la pelle, segnartela anche, la pelle. Ma ti scivolerà tutto addosso. Anche le cicatrici.
Soprattutto, le cicatrici.

Quella volta. Ho rivisto la mia ex e non ho provato quel tuffo al cuore che ho provato per anni. Non ho provato niente.
“Non mi guardare così.” mi ha detto.
Io mi sono limitata ad abbassare lo sguardo. Se è finito quello che c’era tra di noi, o, perlomeno, quello che c’era tra me e me per lei, allora niente può durare, mi sono detta.
Niente.
C’era il sole, quel giorno. Era febbraio, ma faceva caldo.
Poi il sole se n’è andato.