Ritirando un cardigan che avevo messo fuori a prendere un po’ d’aria, stasera, ho sentito l’odore che aveva il tuo corpo, caldo e umido, dopo che avevamo fatto l’amore. Odore che inevitabilmente si mischiava col mio.
Non so perché.
Sono flash, istanti che durano una frazione di secondo. Sono sempre e solo istanti, abbastanza per chiedermi perché, ancora dopo tutti questi mesi. Perché mi hai lasciato andare sapendo che non era quello che volevi, come ci sei riuscito, tra le lacrime che non eri in grado di trattenere.
Hai continuato a tornare indietro, a stare con lei e tornare da me. Hai continuato a distruggermi e distruggerci, giorno dopo giorno, fino a quando io ho dovuto dire basta. Che era troppo anche per una il cui corpo si alimenta(va) di autoflagellazione.
Mi sono sempre ripetuta di meritare di meglio, l’ho ripetuto anche quando te ne sei andato e non sei più tornato, ma non ho mai smesso di sperare.
E non potrai mai sapere quanto faccia male ammettere che se dovessi tornare io non ti permetterei più di entrare. Che adesso è finita anche per me.
Chissà se ti ha fatto male, lasciare quella casa che per mesi è stata nostra. Chissà a chi stira ora le camicie, Natasha.
Spero almeno che la tua nuova casa abbia l’ascensore.
Aveva ragione Liga. Quell’odore non va più via.