Mi mancano gli amori cantati da Bob Dylan, da Jeff Buckley. Dagli Stones.
Mi mancano gli amori cantati da quelle band indie che ascoltavo da adolescente, mi piaceva recitare la parte dell’outsider, ero brava a recitare quel ruolo, mi ci trovavo perfettamente.
Quella musica la ascolto ancora, ma, per quanto possa sentirmi tuttora sempre fuori posto, circondata dalle persone, sempre troppo intelligente, troppo avanti, così avanti da restare sempre indietro, essere out, quando si maneggiano questo tipo di cose, ha un sapore diverso ora.
Che senso ha continuare, quando un amore ti svuota fino a farti restare dentro solo il peggio che hai da offrire a te stessa.
Il senso. Uno qualsiasi. Ecco cosa fotte noi umili esseri umani.
Quando cresci inizi a voler dare una forma ad un senso che probabilmente nemmeno esiste.
Voler dare un nome ad ogni cosa, segnarlo sull’agenda. E ti dimentichi come facevi, a quindici anni, senza un’agenda. Ce la facevi comunque benissimo, ma non te lo ricordi. Sai solo che ora non potresti farcela.
Una mancanza può distruggere tutto.
Come la mancanza di perfezione, che cerchi e non arriva mai.
Già il fatto che abbiamo bisogno di respirare per vivere ci rende costituzionalmente imperfetti, poi se ci mettiamo di mezzo l’impulsività del sentimenti non ne usciamo più.