No more tears: giorno 4.

Ho pianto per te per mesi. Tanti mesi. Li conto ancora.
Conto i giorni. Le ore, anche.
Avevo smesso, per un po’, poi sei tornato, hai fatto finta di riprendermi, giusto per marcare il territorio. E poi te ne sei andato, di nuovo, ed io ho ricominciato a contare, di nuovo.
E, ancora peggio, ho ricominciato a sperare.

Poi è arrivato il momento in cui ti ho guardato negli occhi, ti ho detto ciao, buona giornata, mi sono girata e sono scoppiata in lacrime, perché sapevo che era l’ultima volta che potevo dirti ciao, buona giornata.

Lacrime che mi hanno fatto compagnia per mesi. Poi anche loro mi hanno abbandonato.
Ti penso, e ci sei anche quando non ti penso, mi manchi, quando mi succede qualcosa che mi fa stare male vorrei correre da te, come facevo prima, perché riuscivi a farmi dimenticare tutto senza sapere niente. E vorrei correre da te anche quando mi succede qualcosa di bello, perché volevo condividere tutto con te. Ma non piango più.

Prima cercavo Raffaella su whatsapp, mi ero segnata sull’agenda che dopo il
16 ci saremmo dovute sentire per vederci.
Scorrevo i giorni, le settimane, e mi sei comparso tu.
Le nostre ultime parole.
Le fisso. Le fisso per interminabili minuti.
Non sento niente, solo un eco in lontananza, come se dentro di me ci fosse un bombardamento, e poi mitragliatrici che puntano al cuore, e le sento, ma ho i tappi alle orecchie, e non li tolgo.
Mi scivola tutto addosso.
Le lacrime, ma anche i sorrisi.
Il prezzo degli addii.
Il prezzo dell’averti lasciato andare via da me.

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