Lascio il blog dopo un viaggio estivo a Venezia, e lo ritrovo in piena primavera dell’anno successivo.
La verità è che avevo un post per l’estate, ma poi l’estate è andata via.
Ne avevo un altro per l’autunno, su quanto fosse bello tornare ad ascoltare i Counting Crows mentre le foglie cadevano, ma poi c’è stato il lockdown e anche l’autunno è andato via.
Poi è arrivato l’inverno e ha nevicato. Due volte.
Milano sembrava una di quelle città americane nei film, con i cittadini che si svegliano la mattina e faticano a raggiungere la macchina per spalare neve dal cruscotto.
Avevo un post anche per questo, ma poi la neve si è sciolta.
Stasera scrivo senza un apparente motivo, alterno Joan Baez e i Keane come sottofondo e mi è semplicemente venuta un’improvvisa voglia di scrivere.
Cosa, non lo so.
Parti da dove ho lasciato.
Come mi sono andate le vacanze estive?
Bene, diciamo.
E anche quello che non è andato bene l’ho preso con filosofia.
Sono tornata a Roma e ho capito di non averla mai vista davvero prima, ed è stato bellissimo. Sono andata nelle Marche, che non è esattamente la Costa Azzurra a cui sono abituata, ma me la sono fatta andar bene, è andata ok. Almeno ho rivisto il mare.
Sono andata al lago, e questa è una delle cose che ho preso con filosofia.
Diciamo che la prossima volta che finirò al lago di Garda sarà perché qualcuno mi ha bendato, legato e poi profondamente sedato.
Mi manca viaggiare all’estero, scoprire terre inesplorate, anche se poi magari è solo Londra.
Però accettiamo questo momento e aspettiamo tempi migliori.
I tempi migliori, per me, inizieranno da quando R. tornerà in Italia.
Rullo di tamburi, ebbene sì, il valzer dei sentimenti che dura da 7 anni è ancora lì, a roteare su se stesso senza fine.
Ci siamo visti e le cose sono cambiate. Di nuovo. Stavolta però sembrano cambiate in meglio, anche se lo dico sottovoce e forse non ci credo nemmeno io.
A breve dovrebbe lasciare definitivamente l’Australia per tornare qui, e allora non potrà più scappare.
Dovremo entrambi affrontare la situazione e chiederci se stavolta è quella buona.
A volte (sempre) ho l’impressione di essere una di quelle coppie da film che si ama così tanto che alla fine non riesce a trovarsi mai davvero.
Romantico, visto da fuori, devastante, visto da dentro.
Ecco, io non voglio ritrovarmi così.
Momento magone.
Faccio partire la playlist di Elizabethtown e cerco di vedere le cose positive dell’anno scorso. Perché ci sono.
Di solito non tiro le somme dell’anno appena passato, ho smesso di farlo in seconda media, ma quest’anno ne ho dannatamente bisogno. Almeno di tirare fuori quello che di bello c’è stato, perché poco, ma c’è stato.
Come nelle peggiori storie d’amore.
1- Il sedere sodo.
Nel primo lockdown, in mancanza del tennis e senza possibilità di uscire di casa, mi sono data agli squat e non ho più smesso.
God save gli squat.
2- Ho (quasi) dato la patente.
Ci sono voluti dieci lunghissimi anni per decidermi a farla e poi tac, scoppia una pandemia mondiale (sarà un caso?), ma, alla fine, chi la dura la vince.
3- Ho imparato ad amare Roma.
Quest’estate, con 40 gradi all’ombra a metà agosto, ho capito di non aver mai conosciuto davvero Roma. L’ho scoperta ed è stato bellissimo.
Tre sono più che sufficienti, in questo tempo di magra.
Ho le lacrime agli occhi, sento di avere tantissime cose da raccontare, ma di non essere più in grado di farlo.
Forse è questo diventare grandi.
Almeno è arrivata la primavera (e ho potuto fotografare la magnolia).
Ps: Sto scrivendo un post su Ligabue e sul 2002 (anno in cui ho iniziato e smesso di ascoltarlo, praticamente), ma anche se parla di Ligabue sarà probabilmente più interessante di questo.
Stay tuned.