Almeno posso fotografare i fiori.

L’ultima volta che sono uscita di casa avevo il cappotto, e le collant 30 denari.
La prossima volta che uscirò avrò il giubbotto di pelle, un vestito corto, e le gambe scoperte.
Mi sarò persa lo sbocciare della primavera, il suo profumo, la magnolia in fiore.
Le giornate sono tutte uguali, e mi va bene, perché in casa ho la palestra e un giardino.
Almeno posso fotografare i fiori.

I più fortunati, come me, ne usciranno distrutti psicologicamente.
Mi manca chiunque, mi mancano persone di cui non ricordavo nemmeno il nome, figurarsi quelli che già ricordavo prima.
Da quando ho iniziato a giocare a tennis, tre anni fa, non ho mai passato così tanto tempo lontana dal campo.
Sono sempre andata, anche quando avevo la febbre, anche quando ero appena stata lasciata e volevo solo piangere.
Il tennis è la mia seduta dallo psicologo, e se me lo togli, mi togli quel poco di sano che mi è rimasto.
Mia nonna abita a 150 metri da me, ma posso solo vederla su Skype quando mia madre le porta la spesa.
Ho paura, perché quando potremo uscire di nuovo di casa, la normalità sarà ancora lontana.
Leggo continuamente storie, di chi ha parenti che non ce l’hanno fatta, di infermieri che assistono persone sole al loro capezzale, ed è devastante, per me che assorbo tutto.
Sono una spugna, e vorrei solo addormentarmi e realizzare che è uno dei miei soliti incubi.

Così non è, ma arriverà un momento in cui ognuno di noi troverà la sua bellezza collaterale.
Arriverà, per forza.

 

 

 

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